martedì 12 gennaio 2010

Lavoro chiamato “no limits” all'intensivo / residenziale

Questo lavoro si svolge solitamente all’aperto, tempo permettendo, sul prato di fianco al tempio, altrimenti viene fatto all’interno del tempio. Lo scopo di questa “esperienza” è quello di portare a coscienza le proprie reazioni ed emozioni legate all’incontro fisico con l’altro. A nessuno viene descritto in anticipo il tipo di lavori che vengono fatti durante l’intensivo e quindi le persone si trovano a doverli affrontare quando ormai sono lì e, per quanto nessuno venga obbligato con la forza a prendere parte ad un lavoro (almeno, io non ho mai visto persone venire obbligate a partecipare con la forza) è anche vero che se una persona si rifiuta, viene sottoposta a pressioni psicologiche di vario tipo affinché vi partecipi. Queste pressioni vengono esercitate sia dal gruppo che dallo stesso maestro e consistono in frasi del tipo: “perdi una grande occasione per andarti a vedere un tuo “nodo” – “proprio perché senti queste resistenze dovresti fare il lavoro perché significa che c’è sotto un “processo” e hai l’opportunità di andartelo a guardare” – “fare questa esperienza è molto importante” ecc.Bisogna tenere presente, a questo proposito, che durante questi intensivi le persone vengono sottoposte a ritmi ed esperienze destabilizzanti dal punto di vista psicologico. Il gruppo è composto dalle 60 alle 120 persone che, durante i 5 giorni dell’intensivo non si muovono praticamente mai da un luogo circoscritto (l’agriturismo), dormono pochissime ore per notte in camere solitamente sovraffollate e con fastidiosi problemi per quanto riguarda l’utilizzazione dell’acqua calda che, essendo fornita da piccoli e scalcinati scaldabagno non permette di farsi 2 docce consecutive; spesso si assiste al mal funzionamento delle fognature che devono lavorare al disopra delle loro possibilità e non riescono a smaltire i rifiuti organici (tanto che spesso dai gabinetti escono liquidi ed esalazioni maleodoranti che vengono sempre interpretati come la “materializzazione” dei processi dei partecipanti; hanno ritmi completamente sballati rispetto ai soliti anche per quanto riguarda i pasti, spesso di qualità non soddisfacente, (il pranzo viene servito nel pomeriggio e la cena anche a notte fonda) e vengono sempre tenute in uno stato di tensione emotiva attraverso i vari esercizi che vengono proposti. E’ molto difficile, quindi, riuscire a rifiutarsi di prendere parte ad un lavoro. Bisogna esercitare una forte volontà ed essere disposti a sopportare la disapprovazione del gruppo e quella del maestro che non è mai esplicita ma arriva in modo velato, cosa non sempre facile per tutti in quelle circostanze. Durante il “no limits”, le persone vengono invitate a mettersi in cerchio e a chiudere gli occhi. Il maestro spiega che dovranno tenere gli occhi chiusi per tutta la durata dell’esperienza. Il maestro dice che lo spazio in cui si trovano rappresenta il mondo e le persone che vi si incontrano, sempre ad occhi chiusi, sono le persone che si incontrano nella propria vita (o che si sono incontrate in passato). Al primo suono del gong i partecipanti devono cominciare a camminare in quello spazio. Essendo uno spazio abbastanza ristretto, camminando le persone si urtano l’un l’altra cominciando ad avere fra loro contatti fisici casuali. I maestri che aiutano a condurre l’intensivo tengono gli occhi aperti e non partecipano all’esercizio, ma aiutano a tenere le persone all’interno dello spazio preposto, all’occorrenza indirizzando il loro percorso verso questa o quella persona, spesso seguendo le indicazioni del grande maestro.Al secondo suono del gong i partecipanti devono fermarsi dove si trovano e con le mani sentire chi è loro vicino e “scegliere” il partner con cui fare l’esperienza. Durante questa fase viene più volte ripetuto e sottolineato dal maestro che “non ci sono limiti” e uno deve sentirsi libero di esplorare il corpo dell’altro come meglio crede. Viene anche detto, in modo scherzoso, che non sono ammessi rapporti sessuali completi, ma che non ci sono limiti all’esplorazione. Si è liberi di fermare le mani del partner, se si vuole. Questa fase dura circa 5-10 minuti poi, al suono del gong il giro riprende e si ricomincia a camminare cercando il partner successivo. Gli incontri non sono ovviamente solo fra uomini e donne ma anche fra uomini e uomini e fra donne e donne. Quando l’incontro è con un partner dello stesso sesso, si ha la possibilità, viene detto dal maestro, di esplorare la propria omosessualità latente che è sempre originata dalla ricerca del contatto col corpo del genitore dello stesso sesso, contatto che, quando si era piccoli, è stato negato. Questo camminare/incontrarsi/camminare scandito dal suono del gong va avanti per 3 o 4 volte o comunque fino a quando il maestro ritiene che l’esercizio possa terminare.Probabilmente la mia descrizione, che ho cercato di fare in modo il più possibile oggettivo, non riesce a trasmettere appieno la capacità che ha questa esperienza di toccare profondamente molti dei partecipanti. Vero è che ho spesso visto e sentito persone urlare e piangere disperatamente durante questa esperienza e credo che dovrebbe essere doveroso, nei confronti delle persone che vi partecipano, essere messe al corrente PRIMA di quello che si fa durante l’esercizio perché per alcuni è un’esperienza molto dura e bisogna essere in grado di scegliere se farla o meno. Altrimenti, si può trasformare in una forma di violenza psicologica che viene fatta passare come “prezioso strumento di evoluzione e comprensione dei propri nodi psicologici”.Non mi dilungo oltre nella descrizione dei vari esercizi che si fanno durante questi intensivi perché, in questa sede, mi preme di più esporre le teorie su cui si basa il lavoro all’interno del gruppo. Sarebbe però, credo, molto interessante poter avere una descrizione dettagliata di come si svolge il “lavoro”, sia durante gli intensivi che durante i seminari e gli altri residenziali a tema che vengono organizzati dai vari maestri. Spero quindi che vi siano altre persone disposte a fornire ai “consumatori” del prodotto arkeon una descrizione del prodotto stesso, così che essi possano più serenamente valutare se questa esperienza sia adatta alla loro psiche. Spero anche che ciò che descrivo possa aiutare i parenti e gli amici dei partecipanti (che non hanno fatto e che non vogliono fare il “lavoro”) a capire il tipo di esperienza cui sono stati sottoposti i loro cari.Il fine di questo lavoro era quello (e dovrebbe esserlo ancora) di essere liberi, felici ed appagati nella famiglia e nel lavoro. Almeno, questo è quanto veniva detto. Nei primi anni, i “nodi” (che significa blocchi psicologici, emozioni represse, qualsiasi tipo di processo psicologico che “non fa scorrere l’energia” e impedisce la realizzazione personale ecc) erano causati esclusivamente dal comportamento non corretto dei genitori che, attraverso l’esempio che davano relativo al modo di relazionarsi alla vita e agli altri, avevano trasmesso i loro problemi (di vita e relazione) ai figli. Questi figli, per disfarsi delle nefaste influenze psicologiche della famiglia di origine, dovevano sia capire, individuare i modi sbagliati di comportarsi dei loro genitori sia, una volta individuati, riconoscerli in loro stessi e smettere di metterli in atto volgendosi a modi di relazionarsi e comportarsi più “sani”, indicati di volta in volta dal maestro.Non bisogna fare un grande sforzo immaginativo per capire il motivo per cui, in quegli anni, molti tornavano dai seminari e dai residenziali con un grande risentimento e rabbia nei confronti dei propri genitori: erano loro la causa del fallimento, dei problemi e del dolore della loro vita!
- continua -
Tiresia